Dolore alla schiena: i consigli per un corretto trattamento

Dolore alla schiena: i consigli per un corretto trattamento

Oltre il 60% della popolazione soffre di mal di schiena e nel 2035 si potrebbe arrivare addirittura all’80%.

Una patologia, questa, che impone notevoli limitazioni e un forte decadimento della qualità di vita, condizionando le più semplici attività quotidiane con importanti risvolti socio-sanitari ed economici.

L’attività fisica è fattore di miglioramento cognitivo per la capacità – oggi ampiamente riconosciuta in letteratura – di modificare la plasticità cerebrale e quindi la cognizione cerebrale.

Nella maggioranza dei casi, il mal di schiena rispecchia alcuni “vizi di vita” del soggetto che ne soffre: una scorretta alimentazione, stress, scarsa attività fisica, alterazioni ormonali come l’ipotiroidismo, metaboliche come l’obesità e il diabete, del metabolismo osseo come l’osteoporosi. Anche età e attività lavorative sedentarie, usuranti e posture errate contribuiscono all’insorgere di patologie della colonna vertebrale.

Negli ultimi anni, a livello internazionale, il mal di schiena è stato interessato da una vera e propria “Pain Revolution” (Rivoluzione del Dolore).

In particolare, è il paziente ad essere considerato attore principale del “Patient’s Journey” (il percorso di guarigione del paziente), il quale cerca di risolvere e co-creare la migliore cura per il suo dolore insieme ad altri specialisti: neurochirurghi, ortopedici, endocrinologi, reumatologi, psicoterapeuti, dietologi, fisiatri, fisioterapisti e terapisti del movimento come i chinesiologi, oltre agli osteopati e massoterapisti.

Si è ampiamente dimostrato quanto sia importante distinguere il dolore tra acuto e subacuto – della durata massima di circa tre mesi (linee Guida NICE 2021) e che è espressione di una lesione dell’apparato muscolo-scheletrico – dal dolore cronico.

Quest’ultimo, a differenza del passato, non è più considerato come una prosecuzione del dolore acuto, bensì un’entità a se stante. Non determinato da lesioni scheletriche, quanto da un’alterazione-sensibilizzazione sia periferica recettoriale, sia centrale nel connettoma cerebrale della via spino-talamica del dolore.

Si tratta di un dolore “complesso”, definito idiopatico cronico o nociplastico, caratterizzato da una variazione della “plasticità cerebrale”, cioè del cervello “elettrico” inteso come connessioni sinaptiche che avvengono tra neurone e neurone.

La plasticità cerebrale è stata la grande innovazione degli ultimi 20 anni: variazioni dei percorsi elettrici (plasticità cerebrale) determinano il dolore. L’1-5% per cento dei casi di dolore cronico presenta delle problematicità della stabilità del rachide che vanno individuate e trattate dallo specialista.

Per queste ragioni vanno più che mai intensificati i corsi di formazione per i medici di base al fine di evitare continui e dispendiosi trattamenti “sintomatici” sulla colonna quando, invece, si è in presenza di dolore cronico.

Nel dolore cronico, il paziente presenta un quadro di sovraccarico allostatico determinato, ad esempio, da episodi di criticità intercorsi dall’infanzia all’età adulta. Il processo di sovraccarico allostatico causa, a sua volta, un’infiammazione cronica a carico della matrice connettivale e nel tessuto gliale cerebrale (Neuroinflammation) e questo è alla base dell’insorgenza di varie patologie, (cardiovascolari in primis e dolore cronico).

La cosiddetta “ruminazione” (il pensiero sul pensiero in metacognizione) può generare il perpetuarsi di questa emozione sgradevole che è il dolore cronico.

Tra i trattamenti in fase di studio per la riduzione dell’infiammazione, vale la pena segnalare le Resolvine, composti prodotti naturalmente dal nostro organismo, spesso insufficienti.

In definitiva, un maladattamento del paziente verso l’ambiente circostante e le problematiche della sua quotidianità. Il dolore, soprattutto quello cronico e come ampiamente dimostrato dalla letteratura, riduce l’attesa di vita e le capacità cognitive, impoverendo progressivamente le sinapsi cerebrali.

– Valutare il ricorso ad una consulenza psicoterapica per il trattamento cognitivo mediante EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i movimenti oculari).

– Fare un’attività fisica mirata all’aerobica, agli esercizi respiratori dinamici, alla forza muscolare e core stability.

– Esercizi di allungamento muscolare, a carico soprattutto della colonna.

– Esercizi con il bilanciere con stacco da terra progressivo.

Bisogna “muoversi” contro il dolore senza aver paura del movimento (Kinesifobia) come invece può accadere quando si sperimentano mesi e mesi di dolore.

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